Degli
altri
personaggi
non
si
ha
certezza.
Nella
seconda
scena
è
presentato
il
vescovo
di
Modena
Dodone
–
in
carica
tra
il
1100
e
il
1136
–,
sulla
destra,
con
in
mano
un
calice.
Nella
prima,
tuttavia,
la
sua
figura,
comparando
i
paramenti
dei
diversi
soggetti,
non
è
identificabile
con
sicurezza.
Potrebbe
essere
il
vescovo
nascosto
dietro
Bonsignore.
Ipotesi
suggestiva
è
che,
pur
con
indumenti
diversi,
egli sia il prelato alla sinistra del vescovo di Reggio.
Due
sono
gli
indizi
in
favore
di
questa
teoria:
il
primo,
supponendo
che
il
monaco
vestito
del
saio
nero
sia
Damiano
Damiani,
nipote
di
Pier
Damiani
e
abate
di
Nonatola
dal
1086
al
1112,
il
fatto
che
i
due
si
trovino
faccia
a
faccia
potrebbe
indicare
la
secolare
contrapposizione
tra
Modena
e
il
monastero
nonantolano;
il
secondo,
l’atteggiamento
del
vescovo
dal
pastorale
rosso
e
blu
verso
Bonsignore,
al
quale
dà
le
spalle
e
che,
a
sua
volta,
gli
calpesta
la
scarpa
sinistra.
Il
vescovo
di
Reggio,
infatti,
scavalca
totalmente
l’omologo
modenese
nelle
sue
prerogative
ed
è
possibile
ipotizzare
che
il
miniatore abbia voluto descrivere in questo modo la contrapposizione tra i due.
Nella
seconda
scena
si
mostra
tutta
la
protervia
di
Bonsignore.
Grazie
alla
mediazione
di
Matilde
di
Canossa,
clero
e
popolo
di
Modena,
in
aprile,
hanno
deciso
insieme
di
attendere
l’arrivo
di
papa
Pasquale
II,
di
passaggio
in
Emilia,
per
compiere
la
ricognizione
delle
reliquie
di
san
Geminiano
e
consacrare l’altare del Duomo nuovo.