Al
di
là
di
queste
due
sicure
testimonianze,
tuttavia,
non
vi
sono
certezze
riguardo
alle
altre
attestazioni
che
è
possibile
trovare
in
diversi
codici
precedenti
al
X
secolo.
In
esse,
infatti,
persiste
la
confusione
tra
lo
s
criptor
e
il
pictor
.
Più
spesso
esistono
fonti
che
citano
l’esistenza
di
gruppi
di
monaci
miniatori,
presenti
ad
esempio
a
Fulda,
o
i
nomi
di
alcuni
illustratori,
come
Tatilo,
Notker
Medicinus
e
Chunibert,
menzionati
tra
i
monaci
dell’abazia
di
San
Gallo.A
partire
dal
X
secolo
la
documentazione
relativa
ai
miniatori
inizia
ad
aumentare.
Dalla
Spagna
arrivano
i
nomi
di
Oveco,
Fructuosus,
Magius,
Ermeterius,
e
di
una
donna,
Ende,
probabilmente
una
monaca,
che
viene
citata
quale
collaboratrice
di
Ermeterius
nel
commento
all’Apocalisse
scritto
da
Beato
da
Liébana
e
realizzato
nel
975
a
Gerona.
Dalle
isole
britanniche
giunge
la
testimonianza
riguardante
san
Dunstan,
abate
di
Glastonbury
e
arcivescovo
di
Canterbury
nella
seconda
metà
del
X
secolo,
che
è
ricordato
come
molto
dotato
nell’arte
miniata.Quasi
certamente
è
suo
il
disegno
che
ne
riporta
il
nome
nel
manoscritto
intitolato
Glastonbury
Classbook
,
ora
alla
Bodleyan
Library.
E
san
Dunstan
non
è
l’unico
miniatore
tra
gli
ecclesiastici
di
alto
rango.
Sulla
via
tracciata
da
Eadfrith
e
portata
avanti
dall’arcivescovo
di
Canterbury
si
pongono
infatti
anche
Osmund,
vescovo
di
Salisbury
alla
fine
del
XII
secolo,
e
gli
abati
Otbert
di
Saint-Bertin
(968-1007
circa),
nei
pressi
di
Boulogne-sur-
mer,
nel
nord
della
Francia,
e
Mannius
di
Evesham
(1044-1066),
nell’Inghilterra
centro-
meridionale.
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