Documenti e testimonianze: dalla tarda Antichità al XII secolo
Sui
miniatori
della
tarda
Antichità
non
si
hanno
fonti
dirette.
A
conservarsi,
invece,
sono
state
alcune
testimonianze
relative
ai
calligrafi.
Importanti,
ad
esempio,
sono
quelle
dei
Vangeli
di
Zagba
,
realizzati
in
Siria
nel
586
d.
C.
e
firmati
da
Rabula.
Pur
essendo
illustrati,
essi
non
riportano
tuttavia
i
nomi
degli
artisti
che
li
hanno
decorati,
ad
indicare
un
divario
tra
scribi
e
miniatori.
Un
divario
che,
in
ogni
modo,
un
secolo
e
mezzo
dopo,
in
tutt’altro
contesto,
quello
delle
isole
britanniche,
sembra
essere
stato
–
almeno
apparentemente
–
colmato.
Tanto
che,
a
trascrivere
e
a
decorare
i
Vangeli
di
Lindisfarne
,
ora
alla
British
Library
(ms.
Cotton
Nero
D
IV),
è
un
alto
prelato,
il
vescovo
Eadfrith.L’attribuzione
a
Eadfrith
è
tuttavia
dovuta
a
testimonianze
di
poco successive, perché i
Vangeli di Lindisfarne
non riportano alcuna firma.
Dei
secoli
precedenti
al
X,
d’altra
parte,
si
conservano
solo
due
firme
di
miniatori:
quella
di
MacRegol,
abate
di
Birr,
in
Irlanda,
che,
verso
l’810-820,
illustra
un
evangeliario,
custodito
alla
Bodleyan
Library
di
Oxford;
e
quella
di
Alderico,
che,
nell’introduzione
alle
Commedie
di
Terenzio,
prodotte
a
Corvey,
nell’attuale
Germania
centrale,
una
decina
di
anni
più
tardi,
così
pone
un
ricordo
della
propria
opera:
Haldericus
me
fecit
.
Quel
fecit
,
comunque,
è
molto
vago
e
la
certezza
che Alderico fu il miniatore è data dalla firma separata del calligrafo Hrodegarius.
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