Le
resistenze
a
questo
tipo
di
illustrazioni
sono
tuttavia
molto
forti.
Il
capitolo
generale
dell’ordine
cistercense,
attraverso
l’insegnamento
di
Bernardo
di
Chiaravalle,
approva,
nel
1152,
all’interno
dei
propri
statuti,
l’articolo
LXXX,
che
recita:
litterae
unius
coloris
fiant
et
non
depictae
,
che
le
iniziali
siano
di
un
solo
colore
e
non
dipinte,
ovvero
non
decorate
e
non
istoriate.
Allo
stesso
modo
viene
bandito
l’uso dell’oro: la sobrietà deve essere la buona via dei monaci.
Queste
pressioni
per
limitare
gli
ornamenti,
per
quanto
sconfitte
in
seguito
dal
tempo,
ebbero
delle
ricadute
nell’arte
miniata.
Una
su
tutte,
lo
spostamento
di
parte
delle
illustrazioni
dapprima
in
spazi
più
ristretti,
posti
tra
un
testo
e
l’altro,
come
nella
Bibbia
di
Lambeth
(fig.
30),
del
1150-1170,
dove
le
figure
escono
dal
capolettera
per
appropriarsi
della
ridotta
parte
bianca
della
pagina.
Questa
transizione,
in
seguito,
continuerà
per
arrivare
verso
il
bordo
pagina,
trovando
pieno
compimento
con
la
miniatura
gotica.Aspetto
particolarmente
importante
dell’arte
miniata
romanica
è
il
cambiamento
nello
stile
figurativo
che
avviene
tra
l’XI
e
il
XII
secolo.
Se
a
venire
introdotto
è
l’uso
di
colori
più
coprenti
e
di
quell’oro
che
verrà
presto
osteggiato,
a
mutare
radicalmente
è
la
rappresentazione
dello
spazio,
che
viene
descritto
secondo
giochi
geometrici.
A
questo
si
aggiunge
una
concezione
corporea
e
tridimensionale
delle
figure,
realizzata
in
particolare
attraverso
il
panneggio,
di
chiara
influenza
bizantina,
che
dall’Italia
si estende alla Francia meridionale e, con il passaggio del secolo, a tutta l’Europa.
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