La miniatura dell’età carolingia
Nel
grande
programma
di
recupero
della
classicità
romana,
individuata
dagli
eruditi
della
corte
carolingia
nell’incontro
tra
la
latinità
e
il
cristianesimo,
notevole
importanza
ebbe
anche
l’arte
miniata.
Da
subito
dopo
la
conquista
del
regno
longobardo
da
parte
dei
Franchi
(774),
infatti,
lo
sguardo
degli
uomini
di
cultura
che
circondavano
Carlo
Magno
era
rivolto
verso
il
passato,
verso
la
rinascita
non
solo
delle
istituzioni
politiche
dell’impero
romano
–
pur
lette
in
chiave
cristiana
–,
ma
anche
e
soprattutto
della
cultura
latina, che i secoli appena trascorsi avevano nascosto.
Il
primo
esempio
di
miniatura
carolingia
lo
si
trova
nell’
Evangelistario
di
Godescalco
,
realizzato
per
celebrare
il
battesimo
di
Pipino,
figlio
di
Carlo
Magno,
nel
781,
in
San
Pietro
a
Roma.
In
esso,
al
di
là
di
una
decorazione
delle
iniziali
di
tipo
insulare,
dovuta
forse
all’influenza
dell’anglosassone
Alcuino,
è
chiara
la
ripresa
di
modelli
tardoantichi,
in
cui
a
colpire
è
la
monumentalità
dei
personaggi,
come
nella
figura
di
Cristo
(fig.
12).Nello
stesso
codice,
insieme
a
questo
primo
recupero
del
passato,
è
necessario
segnalarne
un
secondo,
di
non
minore
rilievo.
Se
tutto
il
testo
precedente,
infatti
è
scritto
in
onciale
–
la
scrittura
maiuscola
usata
fin
dal
III
secolo
–,
i
versi
di
dedica
alla
fine
del
libro
sono
in
minuscola
carolina,
il
carattere
ufficiale
della
futura
cancelleria
imperiale, che per la prima volta fa qui la sua comparsa.
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