Ed
è
da
quest’ultima
regione
che
potrebbe
provenire
il
Sacramentario
di
Gellone
(fig.
10),
che,
insieme
al
Sacramentario
Gelasiano
(fig.
11)
–
entrambi
della
seconda
metà
dell’VIII
secolo
–,
costituisce
la
più
importante
testimonianza
della
scuola
merovingia.
A
caratterizzare
questa
scuola,
in
maniera
simile
ma
al
contempo
diversa
da
quella
insulare,
è
la
realizzazione
di
magnifici
codici
liturgici
e
teologici.
Il
significato
dato
a
questi
libri
è
tuttavia
diverso:
se,
infatti,
per
i
monaci
e
gli
ecclesiastici
delle
isole
britanniche
l’attenzione
era
rivolta
all’esterno
–
all’evangelizzazione
delle
popolazioni
o
alla
riaffermazione
della
fedeltà
a
Roma
–,
i
manoscritti
prodotti
dagli
scriptoria
merovingi
si
volgono
all’interno
della
comunità monastica o ecclesiale, a fini di culto o di studio.
Ecco
così
che
le
grandi
croci
compaiono
sì
come
simboli
di
fede,
ma
non
hanno
lo
stesso
significato
magico
dato
loro
dal
cristianesimo
celtico.
Allo
stesso
tempo
scompaiono
le
grandi
figure
degli
evangelisti,
forse
per
influenza
dell’iconoclastia
bizantina,
e
fanno
la
loro
apparizione,
per
la
prima
volta,
accanto
e
all’interno
delle
grandi
iniziali
decorate,
gli
animali.
Animali
che
avranno
un
importante
ruolo
due
secoli
più
tardi
nella
miniatura
romanica.
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