In   Lombardia   è   Milano   il   centro   principale   dell’arte miniata.   La   prima   metà   del   XIV   secolo   è   testimone dell’adesione,   per   certi   aspetti   originale,   alla   nuova visione   razionale   dello   spazio   e   delle   composizioni che   risente,   probabilmente,   degli   influssi   giotteschi.   È tuttavia    la    seconda    parte    del    secolo    a    vedere l’espressione   più   alta   della   miniatura   lombarda,   con artisti    come    Giovanni    Benedetto    da    Como,    che decora   il   Libro   d’ore   per   Bianca   di   Savoia ,   di   cui   una copia   è   conservata   a   Modena   (fig.   48),   e   il   Maestro del Messale Nardini . Ma       è       soprattutto       nei romanzi   cavallereschi   e   nei tacuina   sanitatis    –   cioè   dei   manuali   di   consigli   medici   –,   invenzione del   tutto   lombarda,   che   l’arte   miniata   lombarda   trova   il   proprio   apice. Ne    sono    testimonianza    il    Lancelot    du    lac   ( fig.   49),   conservato   a   Parigi,   e   il   Theatrum sanitatis    (fig.   50)   attribuito   a   Giovannino   de’ Grassi,       che       sconfinano       nel       gotico internazionale. A   Bologna   la   scuola   di   Jacopino   da   Reggio si     protrae     fino     al     terzo     decennio     del Trecento   attraverso   due   distinte   correnti.   La prima   inizia   con   il   cosiddetto   Maestro   del 1314 ,   che   prende   il   nome   dalla   Matricola   dei Merciai    dello   stesso   anno   (Bologna,   Museo Civico   Medievale,   ms.   632),   nella   quale   sono evidenti    un    uso    del    colore    piatto    e    di    un chiaroscuro    ridotto.    La    seconda    corrente, particolarmente   attiva,   vede   in   Nerio   il   suo esponente    più    importante:    egli    conosce    e    riprende    Giotto,    come mostrano    sia    il    suo    capolavoro,    il    Corpus    Iustiniani     ora    a    Parigi (Bibliothèque   Nationale,   ms.   lat.   8941),   sia   opere   come   l’antifonario (fig. 51) dal quale è tratta la raffigurazione della chiamata di Simone e Andrea.
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Testi di Davide Busi
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