mentre
a
Londra
è
costituita
nel
1389,
per
essere
sciolta
nel
1403
quando
i
miniatori
si
unirono
ai
copisti per formare quella che, trent’anni più tardi, sarà conosciuta come
Mistery of Stationers
.
A
Firenze
essi,
al
pari
dei
pittori,
appartenevano
all’Arte
dei
medici
e
speziali,
fino
alla
decisione,
giunta
nel
1348,
di
formare
una
Confraternita
dei
pittori
a
cui
anche
i
miniatori
aderirono.
I
dati,
tuttavia,
riportano
cifre
molto
basse:
nel
1320,
per
18
pittori
vi
sono
0
miniatori,
tra
il
1353
e
il
1386
i
pittori
passano
a
58
e
i
miniatori
restano
a
0,
nel
1343-1409
il
rapporto
è
di
34
a
3
e
nel
1409-
1444
di
41
a
1.
Questo,
ovviamente,
comporta
delle
domande
ancora
aperte
a
cui
solo
studi
futuri
potranno
dare
risposta:
l’apparente
carenza
di
miniatori
è
dovuta
all’inglobamento
di
questi
ultimi
nell’elenco
dei
pittori
o
alla
povertà
reddituale
che
non
avrebbe
permesso
loro
di
appartenere
alla
corporazione?
Con
il
volgere
dal
Tre
al
Quattrocento,
in
ogni
modo,
le
relazioni
tra
i
miniatori
e
le
corporazioni
tendono
a
venire
meno.
Questo,
in
particolare,
per
la
decisione
di
molte
corti
europee
di
assumere
direttamente
gli
artisti
alle
proprie
dipendenze.
Così
avviene
per
i
fratelli
Limbourg
e
Jacquemart
d’Hesdin
che,
tra
gli
ultimi
anni
del
XIV
secolo
e
gli
iniziali
del
XV,
divengono
valets
de
chambre
,
ovvero
domestici,
di
Filippo
II
l’Ardito,
duca
di
Borgogna,
e
Jean
de
Valois,
duca
di
Berry.Questo
passaggio,
con
il
Cinquecento,
ultimo
secolo
dell’arte
miniata,
sembra
determinare
nei
miniatori,
così
come
tra
l’XI
e
il
XII
secolo,
una
maggiore
considerazione
di
sé
e
del
proprio
stato.
Ad
indicarlo
sono
alcune
autorappresentazioni.
La
prima
è
quella
del
senese
Bartolomeo
Neroni,
detto
il
Riccio,
inserita
in
un
graduale
datato
1532,
ora
a
Genova
(Biblioteca
Civica
Berio,
Cf.
3.
2),
in
cui
l’artista
si
rappresenta
all’interno
di
un
medaglione
alla
sinistra
del
proprio
committente,
un
abate
olivetano,
alla
cui
destra,
in
un
altro
medaglione,
si
trova
un
monaco
calligrafo
Eppure
egli
si
pone
sullo
stesso
piano
e,
fiero
della
propria
professione,
si
raffigura
intento
a
dipingere
la
F
di
Faciebat.
La
seconda
è
il
noto
autoritratto
di
Simon
Bening
di
Bruges
(fig.
4)
che,
a
settantacinque
anni
e
bisognoso
di
occhiali,
nel
1558,
si
descrive
come
un
agiato
e
colto
borghese
uso
a
conversare
con
alcuni
tra
gli
uomini
più
importanti
dell’epoca,
quali
l’imperatore
Carlo
V
e
il
cardinale Alberto di Hohenzollern, entrambi tra i suoi committenti.
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