L’abate,
tuttavia,
non
giunse
mai
a
Roma,
poiché
morì
lungo
il
tragitto,
e
il
codice,
dopo
varie
peripezie,
arrivò
nel
monastero
benedettino
di
San
Salvatore
sul
monte
Amiata,
in
Toscana,
da
cui
prese
il
nome
con
il
quale
è attualmente conosciuto.
Accanto
a
queste
due
correnti
se
ne
formò
una
terza,
quella
italo-
bizantina,
legata
sia
alla
corrente
anglo-irlandese,
e
soprattutto
alla
anglo-italica.
Testimonianza
di
questa
terza
corrente
è
l’
Evangeliario
di
Lindisfarne
(fig.
9,
san
Matteo),
realizzato
nel
nord-est
dell’attuale
Inghilterra
all’inizio
dell’VIII
secolo
da
Eadfrith,
vescovo
di
Lindisfarne
(698-721), che ne fu lo scriba e il miniatore.
Nelle
illustrazioni
di
questo
evangeliario
sono
forti
le
influenze
anglo-irlandesi:
le
decorazioni
a
tappeto,
infatti,
riprendono
lo
stile
di
Iona.
Tuttavia,
come
è
evidente
da
un
confronto
tra
l’Esdra
del
codex
Amiatinus
e
del
san
Matteo
dell’
Evangeliario
di
Lindisfarne
,
gli
influssi
italici
sono
chiari,
in
particolare
per
i
soggetti
ritratti,
identici
nella
postura.
Vi
è,
tuttavia,
una
unicità
nello
stile
in
cui
i
personaggi
vengono
ritratti.
Tale
unicità
è
il
risultato
della
presenza
del
greco
Teodoro
di
Tarso,
inviato
da
Roma
e
vescovo
di
Canterbury
dal
668
al
690,
che
portò
con
sé
la
cultura
e
l’arte
bizantina.
Ed
è
infatti
dall’arte
bizantina
che
il
codice
di
Lindisfarne
riprende
l’utilizzo
dei
contorni
ben
definiti,
i
colori
e
il
panneggio
delle
vesti.Dopo
quest’ultimo
grande
capolavoro,
la
miniatura
insulare
venne
tuttavia
meno
con
le
invasioni
vichinghe
dei
secoli
VIII-
IX.
Ma
essa
non
ne
uscirà
distrutta.
Anche
se
ci
vorrà
oltre
un
secolo,
le
isole
britanniche
torneranno a rifulgere e a portare il proprio importante contributo nella storia dell’arte miniata.
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