Introduzione
La
miniatura
è
una
delle
espressioni
più
importanti
dell’arte
e
della
storia
dell’Europa
medievale.
Sebbene
essa
sia
stata
considerata,
fino
al
XX
secolo,
e
lo
sia
in
parte
ancora,
un’arte
minore
e
un
sottogenere
della
pittura,
negli
ultimi
decenni
gli
studiosi
hanno
cercato
di
ridare ai miniatori e alle loro opere la dignità che i secoli avevano sottratto loro.
Il
termine
miniatura,
per
quanto
nell’uso
comune
sia
associato
all’idea
di
minutezza,
rimandando
ai
modellini
di
oggetti
in
scala
ridotta,
in
realtà
non
ha
niente
a
che
fare
con
il
verbo
latino
diminuere
,
rimpicciolire,
ma
deriva
dal
sostantivo
minium
,
cinabro,
ovvero
il
solfuro
di
mercurio.
Il
minio,
infatti,
nel
mondo
greco-romano,
e
anche
nei
primi
secoli
del
Medioevo,
era
utilizzato
per
dipingere
le
lettere
iniziali
e
altre
parti
rilevanti
del
testo
scritto,
come
i
titoli
o
le
rubriche.
Perciò
la
miniatura
è
indissolubilmente
legata
alla
scrittura
e
non
può
esistere
senza
quest’ultima. Non
è
possibile
negare,
tuttavia,
che,
lungo
lo
stesso
Medioevo,
la
miniatura
divenne
sinonimo
di
decorazione,
come
indica
anche
il
termine
illuminare
–
o
alluminare
,
da
cui,
per
miniatura,
enluminure
in
francese
e
illumination
in
inglese
–
con
cui
essa,
a
partire
dal
XII
secolo,
era
conosciuta.
Importante
testimonianza
di
questo
uso
è
nella
Commedia
dantesca,
dove
il
poeta,
incontrando,
nell’XI
canto
del
Purgatorio
(vv.
79-81),
il
miniatore
Oderisi da Gubbio, chiede:
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