Cosicché
il
miniatore
aveva
la
possibilità
di
decidere
di
fare
uso,
per
un
particolare
da
dipingere
di
rosso,
dell’ocra,
se
considerato
meno
rilevante,
o
del
cinabro,
se
più
importante,
passando
per
il
minio,
reputato
una
via
mediana.
Lo
stesso
valeva
per
il
blu,
con
una
scala
che
portava
dall’indaco,
meno
pregiato,
all’azzurrite,
fino
al
lapislazzuli,
particolarmente
prezioso.
L’artista,
d’altra
parte,
si
poteva
avvalere
di
tecniche
come
quella
degli
strati
successivi
,
o
layering
,
che
consiste
nello
stendere
sul
supporto
una
base
del
pigmento
meno
pregiato,
sulla
quale
apporre
uno
strato
del
colorante
più
prezioso.
Questo
non
solo
permetteva
di
moderare
l’uso
delle
sostanze più costose, ma anche di dare maggiore stabilità al colore.
Ma
quali
erano
i
colori
presenti
sulla
tavolozza
del
miniatore?
L’anonimo
autore
del
trattato
De
arte
illuminandi
,
del
XIV
secolo,
indica
in
otto
i
pigmenti
necessari
a
miniare:
il
nero,
il
bianco,
il
rosso,
il
giallo,
l’azzurro,
il
viola,
il
rosa
e
il
verde.
I
coloranti
erano
tuttavia
molti
di
più
e,
dallo
stesso
e
altri
scritti,
si
possono
ricavare
delle
informazioni
importanti
sulle
sostanze
naturali
e
artificiali
per
produrli,
e
che
possono
essere
così
riassunte,
distinguendo
i
coloranti
naturali
da
quelli artificiali:
Coloranti naturali
:
Azzurro
d’oltremare
dal
lapislazzuli
(blu
oltremare),
azzurro
d’Alemagna
(azzurrite)
e
Azzurro d’argento
(vale a dire argento contenente impurezze di rame) per l’azzurro;
Terra gialla
(ocra gialla),
orpimento
,
oro
e
zafferano
, per il giallo;
Terra nera
(grafite), per il nero;
Terra rossa
(ocra rossa), per il rosso;
Terra
verde
(argilla
che
contiene
silicato
ferroso)
e
Verde
azzurro
o
chrysocolla
(con
questo
termine
ci
si
riferiva
genericamente
a
pigmenti
verdi
contenenti
rame,
tra
i
quali
la
malachite), per il verde.
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