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Testi di Davide Busi
L’osservazione   della   realtà   rimane,   in   ogni   modo,   un’ottima   fonte   di   ispirazione.   Questo   principio, tuttavia,   varia   secondo   i   contesti   culturali   nei   quali   viene   applicato.   Nel   nord   Europa   esso   è   legato a ciò che è umoristico e grottesco e che contraddistingue, insieme alla cura per i particolari, la miniatura   settentrionale,   in   particolare   quella   fiamminga.   Nel   Livre   du   Coeur   d’Amour   épris ,   di Renato    d’Angiò    –    di    cui    egli    probabilmente    fu    anche    l’illustratore    –,    ad    esempio,    nella raffigurazione    di    Cuer    ed    Esperance    presso    la    cappella    dell’eremita    (fig.    25),    colpisce    un particolare   che   sembra   stonare   con   tutto   il   resto,   ovvero   uno   dei   due   cavalli   che   urina.   In   Italia, invece,   il   rapporto   con   la   realtà   diviene   relazione   con   l’antico.   Cosicché,   tra   tanti   altri   possibili esempi,   nel   frontespizio   del   De   bello   Catilinae    di   Sallustio   (fig.   26),   realizzato   da   Bartolomeo Sanvito nel 1471-1484, si possono scorgere dei monumenti dell’antica Roma. La   copia   di   modelli,   lo   scambio   di   idee   e   la collaborazione    sono,    sebbene    in    modo diverso   nel   corso   dei   secoli,   dei   concetti fondamentali      per      l’arte      miniata.      Se l’apparizione   e   l’evoluzione   della   stampa verso    un    ampliamento    della    produzione libraria    fu    importante,    altri    fattori,    allo stesso   tempo,   contribuirono   a   determinare la    fine    della    storia    della    miniatura.    Tra questi,   su   tutti,   l’affermarsi   di   una   visione meno     favorevole     alla     collaborazione     artistica     e     più     volta     all’opera individuale.   In   questo   clima,   la   miniatura   fu   poco   alla   volta   emarginata finendo per scomparire nell’assordante silenzio dei contemporanei.
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