L’osservazione
della
realtà
rimane,
in
ogni
modo,
un’ottima
fonte
di
ispirazione.
Questo
principio,
tuttavia,
varia
secondo
i
contesti
culturali
nei
quali
viene
applicato.
Nel
nord
Europa
esso
è
legato
a ciò che è umoristico e grottesco e che contraddistingue, insieme alla cura per i particolari, la
miniatura
settentrionale,
in
particolare
quella
fiamminga.
Nel
Livre
du
Coeur
d’Amour
épris
,
di
Renato
d’Angiò
–
di
cui
egli
probabilmente
fu
anche
l’illustratore
–,
ad
esempio,
nella
raffigurazione
di
Cuer
ed
Esperance
presso
la
cappella
dell’eremita
(fig.
25),
colpisce
un
particolare
che
sembra
stonare
con
tutto
il
resto,
ovvero
uno
dei
due
cavalli
che
urina.
In
Italia,
invece,
il
rapporto
con
la
realtà
diviene
relazione
con
l’antico.
Cosicché,
tra
tanti
altri
possibili
esempi,
nel
frontespizio
del
De
bello
Catilinae
di
Sallustio
(fig.
26),
realizzato
da
Bartolomeo
Sanvito nel 1471-1484, si possono scorgere dei monumenti dell’antica Roma.
La
copia
di
modelli,
lo
scambio
di
idee
e
la
collaborazione
sono,
sebbene
in
modo
diverso
nel
corso
dei
secoli,
dei
concetti
fondamentali
per
l’arte
miniata.
Se
l’apparizione
e
l’evoluzione
della
stampa
verso
un
ampliamento
della
produzione
libraria
fu
importante,
altri
fattori,
allo
stesso
tempo,
contribuirono
a
determinare
la
fine
della
storia
della
miniatura.
Tra
questi,
su
tutti,
l’affermarsi
di
una
visione
meno
favorevole
alla
collaborazione
artistica
e
più
volta
all’opera
individuale.
In
questo
clima,
la
miniatura
fu
poco
alla
volta
emarginata
finendo per scomparire nell’assordante silenzio dei contemporanei.
pagina precedente